Ciccio è il mio coniglio, il mio animale guida, colui che mi ha fatto scoprire la bellezza inaspettata e magica di questi animali silenziosi e discreti. È l’amico inseparabile che ha rallegrato quattro anni della mia vita, accompagnando e impreziosendo uno dei miei periodi più belli.
Tornando a casa, oggi, ho visto un arcobaleno in cielo e...buffo...proprio alla stessa ora in cui solo un anno fa mi è crollato quel dolore addosso. Un saluto veloce al trasportino, un’operazione di routine, poi la telefonata della mia amica vet, la notizia shock, e mesi di pianti.
Ora non piango più. Non sempre, almeno. Però ancora ci soffro, ci ho sofferto, e quella vitina spezzata così a caso continuerà a mancarmi.
Ho perduto tante persone importanti. Non faccio la lista perché è lunga. Persone vicine a me hanno perso i compagni, le più colpite hanno visto morire un figlio. Non posso, e non voglio paragonare niente di tutto ciò al dolore per un animale. Ogni volta che la mia mente fa paragoni mi sento piccola piccola e anche in colpa verso chi soffre, e verso le persone care che sono morte. Però che ci posso fare, la mia mente dice cose ma il mio petto ha sentito un gran male. Con la perdita di Ciccio ho visto appassire qualcosa dentro, un pezzettino buono di me. Ero spensierata, mi sembrava di essere tornata bambina. Passavo ore intere al sole a leggere, a preparare i miei progetti, con lui sdraiato accanto al mio libro sul tavolo di legno del giardino.
Quando Ciccio è morto, è stato un ricordare all’improvviso le regole del gioco chiamato vita.
La primavera che fioriva ed esplodeva, la primavera che aspetto sempre con ansia, quella che faccio le croci su gennaio a cancellare i giorni che mi separano dai peschi in fiore… quella primavera non faceva che ferirmi con la sua bellezza. Era come se fosse impossibile sbocciare insieme a tutto quell’universo in rinascita, mentre in me c’era tanto vuoto e senso di ingiustizia.
Ecco, oggi non voglio più nascondere questo dolore, o negarlo, far finta di niente perché ho passato e forse passerò di peggio.
La perdita di un animale è qualcosa di lacerante, perché rompe un legame puro, ed è un dolore che spesso rimane incompreso, o addirittura deriso.
Eppure è una delle forme di amore più onesto, c’è solo l’amore che si dona, per il gusto di amare.
È un amore dove non esiste l’aspettativa di un ritorno, se non nel “qui e ora”, in quell’attimo di complicità rubato al mondo.
Adesso che il dolore si è attenuato è rimasta la bellezza del ricordo ad ispirarmi, perché quella piccola polpetta vestita di pelo morbido e bacini ha fatto nascere in me un sentimento che voglio tenere stretto, anche se fino ad un attimo fa tagliava, come un vetro rotto. Voglio onorare questo “sentire" parlandone, anche per le persone che, come me, si sono sentite perse, e hanno ritenuto fosse meglio nascondere questo sentimento spezzato. O anche per le persone che come me, hanno ricevuto talvolta dei sorrisi beffardi, in cambio delle proprie mini-confessioni di patimento.
Al coniglio bianco e grigio dalle lunghe orecchie dedico le mie parole. A lui, a me e a chi, come noi, ha perso un amore grande e non sa trovare uno spazio giusto per questo dolore.
Oggi, guardo questo albero di mimose e mi piace pensare che dentro alla sua linfa ci sia un po' di lui, lui che riposa fra le sue radici e che rinascerà ogni anno in questi fiori meravigliosi e vitali. Mi piace immaginare che lui sia ancora nel mio presente, nelle mie coincidenze, nell’arcobaleno apparso oggi nel cielo grigioblu di febbraio.
Mi piace credere che verrà a trovarmi, come adesso, ogni volta che lo penserò.
Porto Ciccio e tutti gli altri baffuti dentro di me, a mo’ di scaldacuore, ri-CORdando la dolcezza che mi hanno donato.
Restiamo gentili a lungo con chi perde un animale, è una ferita che resta aperta molto, moltissimo tempo.